In Toscana, un compagno di vita irrinunciabile è il buon vino. Non a caso, questa regione è una delle maggiori produttrici di ottime bottiglie – citandone uno su tutti, il Chianti. La tradizione antica vuole che in inverno il vino, da solo, scaldato o allungato con altre delizie locali, serva a creare l’atmosfera. Magari insieme agli immancabili Cantucci, che vanno inzuppati dentro.
Dolci tipicamente invernali – ma non introvabili anche nella bella stagione – i Cantucci sono perfetti anche per accompagnare il tè, il latte, la cioccolata e un buon caffè. La delicatezza del loro sapore alla frutta secca e la loro versatilità li ha resi uno dei simboli ufficiali delle bontà di Toscana. E se tutto questo è avvenuto lo si deve al genio della gente di Prato.
I Biscotti di Prato simbolo di Toscana
I Cantucci appaiono per la prima volta nelle cronache civiche di Prato, nel XVII secolo, ma vengono definiti “biscotti genovesi” dunque la loro tradizione dovrebbe essere addirittura ligure. A Prato, però, hanno trovato l’inventiva adatta per diventare un dolce di grande fama. E sarà poi la pasticceria di Pisa a renderli definitivamente un simbolo della dolcezza di Toscana.
Dunque questi biscotti portano il marchio di tutto un territorio compreso tra gli Appennini e il Tirreno, ma se oggi sono noti anche come “Biscotti di Prato” è perché la ricetta che si è tramandata fino a noi è quella inventata in questa città nel Settecento.
La ricetta dei Cantucci
La ricetta standard dei Cantucci è: farina, zucchero, uova e mandorle. A volte lo zucchero può essere sostituito dal miele. Le mandorle non devono essere né trattate, né tostate e né sbucciate, completamente al naturale. Una volta preparato l’impasto, questo viene cotto in forno e infine tagliato in diagonale così da ottenere quelle forme ellittiche che li caratterizzano.
Nel tempo, i Cantucci di Prato si sono discostati dalla tradizione moderna dei Cantucci e oggi si riconoscono perché sono più duri e privi di alcuni aromi e di alcuni grassi che rendono i loro “cugini” un po’ meno secchi. Dal XIX secolo in poi la ricetta dei Cantucci ha varcato i confini della Toscana e oggi è presente – sotto altro nome – anche in Umbria, nel Lazio, in Basilicata e in alcune zone della Sicilia. E ovviamente in Liguria.
Cantucci e Vin Santo, accoppiata vincente
La tradizione secolare vuole che i Cantucci trovino il proprio ruolo assoluto nell’accompagnare un buon bicchiere di Vin Santo. Questa bevanda è un vino passito ricavato da Malvasia e Trebbiano che ha origini incerte: secondo alcune versioni fu prodotto da un monaco del XIV secolo per essere usato per la messa, mentre secondo altri è un vino originariamente arrivato da Xantos (l’isola di Santorini, in Grecia).
La particolare dolcezza di questo vino si adatta in modo mirabile al sapore dei Cantucci. E questi ultimi, bagnati nel Vin Santo, recuperano morbidezza e sono più facili da assaporare. Il connubio tra questi due prodotti è quasi inscindibile e rispecchia perfettamente la bontà gioiosa della tradizione toscana.